Universalità della musica o musica universale?

Andrea Puppa

Universaità della musica o musica universale?
(Proposta per una Riflessione…)

 

un’atmosfera strana
gente che spingeva
altra che urlava 15..
esecuzione impeccabile del quartetto N 3 OP 76 L
Imperatore.
Hayden ne usciva con un po’ di swing
ma i Congo 4tet risultavano convincenti quanto i Tokyo Mingus Dinasty
che eseguivano musica Marina al tempo dei Barbari…
Finalmente capii che con un po’ di buona volontà
l’uomo può essere tutto.
Dopo la pipì e la lavata di denti
mi spruzzai addosso un po’ di colorante alla nitro
e i vicini capirono che
il mio vero spirito era più totemico...
più precisamente un Maori

 

Domanda: E se un tirolese suonasse musica africana, si potrebbe chiamare jazz quello che ascolteremmo?
E un africano che interpreta musica da camera?...

Risposta: Beh certamente….così fan tutti.

Ma se provassimo a guardare oltre cosa scopriremmo?
Mi sono sempre divertito pormi queste domande paradossali nel tentativo di capire quale sia l’essenza della musica, argomento di per sé stesso difficilmente indagabile in maniera esaustiva e completa nonostante possibili prospettive (filosofica, storica, fisica, antropologica) che fungano da filo rosso conduttore per approdare a qualche definizione o per porre nuovi interrogativi su cui riflettere. Consapevole quindi della vastità della materia e senza presunzione alcuna di esaurirne il benché minimo aspetto o dare insegnamenti in merito, ho sentito l’esigenza di scrivere queste righe cercando di riflettere, a volte anche in modo provocatorio, lontano dall’ entusiasmo che solitamente guida l’ascolto di un brano e distante dai tecnicismi esecutivi (se si ha la pretesa di essere un musicista o un semplice suonatore di qualche strumento), con l’obbiettivo ultimo di recuperare una visione antropologica della musica intesa come prodotto culturalmente codificato e perciò attività universalmente condivisa da tutti i popoli. Un angolo di vista diverso quindi, privilegiato forse, che cerca di gettare luce su alcuni aspetti connessi alla musica stessa che solitamente non emergono attraverso il semplice ascolto, specialmente se si pensa a produzioni attuali destinate al vasto mercato, ma che al contrario risultano più evidenti in repertori di nicchia raccolti per esempio in ambito di studi etnomusicologici. Quali sono dunque questi elementi da prendere in considerazione per un recupero della musica intesa come prodotto culturale universalmente condiviso? Come possibile inizio potremmo considerare proprio il carattere di universalità, che, se da un lato, è un dato di fatto, dall’altro però necessita di qualche puntualizzazione per non incorrere nel rischio delle omologazioni dei vari generi sotto l’insegna di un presunto e scontato linguaggio condiviso da tutti. E’ necessario, dunque, indagare i differenti contesti culturali specie se di tradizione orale, all’interno dei quali la musica ha la funzione di fatto totale sociale1. Basti pensare ai rapporti che essa intrattiene con le restanti attività dell’uomo da cui emergono corpus musicali destinati alla sfera del sacro, o usati in ambito lavorativo, o declinati al tempo delle feste per comprenderne la valenza totalizzante con eventi che coinvolgono tutto il contesto sociale, sia esso un piccolo paese situato nelle nostre campagne o un villaggio dell’Africa o del Sud America. Quando ci si presta ad ascoltare questi tipi di musiche solitamente definite etniche o folkloriche, si è più portati ad un ascolto “guidato” e contestualizzato verso precisi universi culturali per cui si è maggiormente consapevoli delle funzioni che tali brani possono assumere in qualità di veicolo di trasmissione del sapere atto alla perpetuazione della cultura stessa. L’ascolto di in repertorio coreutica musicale utilizzato per la cura delle tarantate a Galatina nel Salento2, si percepisce come una musica che trova la propria “naturale”collocazione all’interno di quel contesto specifico.
Ma che dire allora quando ci troviamo di fronte a progetti musicali attuali e dichiaratamente confezionati per un mercato di largo consumo che propongono gli stessi o simili repertori?
Connessi a queste operazioni di mercato, i rischi possono essere vari, ma principalmente concorrono a far perdere le tracce delle origini e le funzioni culturali della musica, se non vengono esplicitamente dichiarate. Ecco dunque emergere il nodo critico della mia riflessione. La musica non è solamente suoni .Essi sono il mezzo attraverso cui si formalizza. La musica è in primo luogo un prodotto culturale fatto di tratti specifici che la rendono unica e al tempo stesso veicolo di trasmissione del sapere. Questi aspetti però non possono emergere attraverso l’ascolto(specie se decontestualizzato dall’ambiente d’origine) a causa del carattere autoreferenziale della musica stessa, ma non prenderli in debita considerazione significa impoverire la musica stessa.
Un tipico esempio in tempi a noi vicini, è la world music, una felice espressione dei mutamenti culturali, e allo stesso tempo però un prodotto che necessita di attenzione per non perdere i tratti culturali che concorrono ad identificare i vari filoni rischiando quindi di cadere in una sorta di babele musicale dove tutto sembra uguale. Tale fenomeno, è quindi un interessantissimo contenitore dove affluiscono varie musiche che una volta erano ad appannaggio di specifici interesse scientifici e di studio (etnomusicologia) e al contempo è l’esempio più evidente di decontestualizzazione di espressioni musicali che originariamente trovavano la loro ragion d’essere all’interno della propria cultura.
Senza voler arrivare alla condanna dei diritti di copyright3, da parte di chi, operando in buona o cattiva fede, reclama l’autorialità di brani appartenenti a qualche tradizione orale, ma con la consapevolezza che ciò in passato è già accaduto, bisogna cercare di recuperare una visione transculturale della musica per restituirle la giusta autonomia di prodotto culturalmente codificato che vive “indipendentemente “dal singolo, ma che è anche il risultato dei meccanismi culturali dell’uomo, linguaggio universale “indipendente” e, allo stesso tempo, catalizzatore delle emozioni umane. E’ dunque necessario guardare alla musica attraverso queste molteplici prospettive per comprenderne la natura olistica e utilizzare le categorie concettuali del locale e globale come strumenti per restituirle la giusta valenza antropologica. A tal proposito il concetto di canzone gomitolo4 è un felice esempio per comprendere il carattere olistico di un famoso brano da tutti conosciuta com’è “Bella Ciao” che pur restando legato a particolari contesti storico culturali , ne sono state raccolte differenti varianti con significati diversi.


1 Mauss M., Saggio sul Dono, in Teoria Generale della Magia e altri Saggi, ed. Einaudi, Torino, 1965
2 De Martino E., La Terra del Rimorso, ed. Il Saggiatore, 1961
3 GIURIATI, G. (a cura di), Etnomusicologia applicata: prospettive e problemi. Atti on-line del IX Seminario
Internazionale di Etnomusicologia. Istituto Interculturale di Studi Musicali Comparati della Fondazione "Giorgio Cini" Venezia, 1-3 febbraio 2003
4 Strobino E., Il Gomitolo di Bella Ciao Dialogo immaginario
tra un Ricercatore e una Bambina, www.musicheria.net/files/files/Ilgomitolodibellaciao.PDF

Andrea Puppa